27 giugno 2017

Falconara



E’ superbo, a tratti prepotente il paesaggio vissuto lungo la salita alla cima della Falconara.
Come catapultati in un’altra era, in una mitologica savana, ci accingiamo a risalire i crinali di quello che si rivelerà un viaggio nel tempo e nell’anima del Pollino.
Risaliamo la cresta est sfruttando una conoide detritica e dopo pochi minuti siamo già tra cornici rocciose che si inabissano giù per molte decine di metri.
Forze sottili, bisbigli del passato, lamenti geologici, ipnotizzano la mia mente depositandosi nella parte più profonda di me.
Siamo soli in questo immenso come usciti da chissà quale fessura del cielo. 
Qui si ha la giusta idea di essere al mondo per godere di uno spettacolo che rimane con prepotenza fisso nella mente e nel cuore di chi lo vive. Mentre risalgo il ripido crinale penso all’eternità del Creato. Poi mi fermo per riempirmi l’anima di questo immenso e fantasticare con la mente all’armonia originale.
La Falconara per quel vuoto che ha attorno sembra un immenso altare che si erge verso il cielo per mettersi in contatto con qualche divinità o per propiziare chissà quale rito. Se il Pollino fosse una sposa questo è il luogo dove vorrei celebrare il mio Amore. 
Non so se ci sia un tempo e un luogo per morire, ma un giorno quando sarò nell’aria vorrei abitare questi posti fatti di spazi e orizzonti sconfinati. Non so cosa ci sarà dopo la morte ma questi luoghi mi danno l’idea che tutto non può finire dentro ad un loculo. Sento un’energia, percepisco voci, volti, sono preda di allucinazioni. I vuoti della roccia e delle pareti mi indicano passaggi che adesso non sono in grado di penetrare. Il mio cuore è colmo di affetti, di reminiscenze profumate, ricordi sensuali contrastanti. Scorgo l’origine del mondo, il mio viaggio nell’esistenza, questo attimo effimero ma pieno di energia che si consuma nella fuga del tempo. Il resto è oltre...
La Falconara è un monte solitario, abbandonato dall’uomo e restituito alla natura che ben volentieri se l'è ripreso. I sentieri, dove non si incontra anima viva, sono sempre labili tracce che seguono i prati, s’inerpicano sopra alle rocce alte sopra precipizi. Un grande spazio fatto di luci violente e sfondi giganteschi.
Alzo le braccia verso l’azzurro infinito del cielo senza riuscire a toccarlo, sotto di me precipiti pareti a picco verso il grande ghiaione sottostante del Colle di Conca. La foschia laggiù, lontana. Scorgo la purezza che sgorga dal mio cuore che si erge quassù, bramoso di avventura, libertà e Verità. 
Vivo nella carne le pieghe di queste rocce. Come stelo leggero ondeggio al vento caldo dell’estate. Stai con me brivido ardente mai assopito, dolore mai dimenticato, affonda in me, nella carne e rimestati col sangue e poi gronda violento nell’anima. Stai con me…
Il Pollino è interiorità. Il Pollino è eternità. 

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