E’ superbo, a tratti prepotente il paesaggio
vissuto lungo la salita alla cima della Falconara.
Come catapultati in un’altra era, in una mitologica
savana, ci accingiamo a risalire i crinali di quello che si rivelerà un viaggio
nel tempo e nell’anima del Pollino.
Risaliamo la cresta est sfruttando una conoide
detritica e dopo pochi minuti siamo già tra cornici rocciose che si inabissano
giù per molte decine di metri.
Forze sottili, bisbigli del passato, lamenti
geologici, ipnotizzano la mia mente depositandosi nella parte più profonda di
me.
Siamo soli in questo immenso come usciti da chissà
quale fessura del cielo.
Qui si ha la giusta idea di essere al mondo per
godere di uno spettacolo che rimane con prepotenza fisso nella mente e nel cuore
di chi lo vive. Mentre risalgo il ripido crinale penso all’eternità del Creato.
Poi mi fermo per riempirmi l’anima di questo immenso e fantasticare con la
mente all’armonia originale.
La Falconara per quel vuoto che ha attorno sembra
un immenso altare che si erge verso il cielo per mettersi in contatto con
qualche divinità o per propiziare chissà quale rito. Se il Pollino fosse una
sposa questo è il luogo dove vorrei celebrare il mio Amore.
Non so se ci sia un tempo e un luogo per morire, ma
un giorno quando sarò nell’aria vorrei abitare questi posti fatti di spazi e
orizzonti sconfinati. Non so cosa ci sarà dopo la morte ma questi luoghi mi
danno l’idea che tutto non può finire dentro ad un loculo. Sento un’energia,
percepisco voci, volti, sono preda di allucinazioni. I vuoti della roccia e
delle pareti mi indicano passaggi che adesso non sono in grado di penetrare. Il
mio cuore è colmo di affetti, di reminiscenze profumate, ricordi sensuali
contrastanti. Scorgo l’origine del mondo, il mio viaggio nell’esistenza, questo
attimo effimero ma pieno di energia che si consuma nella fuga del tempo. Il resto è oltre...
La Falconara è un monte solitario, abbandonato
dall’uomo e restituito alla natura che ben volentieri se l'è ripreso. I
sentieri, dove non si incontra anima viva, sono sempre labili tracce che
seguono i prati, s’inerpicano sopra alle rocce alte sopra precipizi. Un grande
spazio fatto di luci violente e sfondi giganteschi.
Alzo le braccia verso l’azzurro infinito del cielo
senza riuscire a toccarlo, sotto di me precipiti pareti a picco verso il grande
ghiaione sottostante del Colle di Conca. La foschia laggiù, lontana. Scorgo la
purezza che sgorga dal mio cuore che si erge quassù, bramoso di avventura,
libertà e Verità.
Vivo nella carne le pieghe di queste rocce. Come stelo
leggero ondeggio al vento caldo dell’estate. Stai con me brivido ardente mai
assopito, dolore mai dimenticato, affonda in me, nella carne e rimestati col
sangue e poi gronda violento nell’anima. Stai con me…
Il Pollino è interiorità. Il Pollino è eternità.
Nessun commento:
Posta un commento