In una giornata di
nuvole e silenzio se n’è andato Pasquale, l’ultimo campanaro moranese, sempre
affabile e disponibile. Molte volte deriso per quel suo sacrificio silenzioso,
era piacevole incontrarlo quando insieme a qualche visitatore mi avvicinavo
alla “sua” amata Maddalena scambiandomi per uno della comitiva.
Negli ultimi anni
faceva avanti e indietro come un ultimo partigiano dell’aria e del silenzio, sempre
accanto alla “sua” chiesa che il terremoto le aveva portato via in quel crudele
ottobre del 2012.
La sua presenza
affabile e discreta era fatta di storie raccontate a modo suo e per questo
ancora più belle, uniche ed irripetibili. Storie che raccontava in quel modo
arrampicato e dondolante come le funi delle campane che sapeva far “cantare” alla ‘ngranna.
Pasquale era il più
efficiente impiegato, un vero cavaliere del lavoro, d’inverno, d’estate, dalla
mattina alla sera spendeva generosamente il proprio tempo per accudire la
nostra chiesa ed era questo molto confortante se pensiamo a quest’epoca in cui
tutti accudiscono le proprie cose, lui accudiva una cosa degli altri.
Con Pasquale non sparisce solo la figura del
campanaro, sparisce definitivamente dalla comunità moranese la figura del sacrestano.
Quella figura che assiste a tutta la vita altrui che passa all’interno di una
chiesa: i battesimi, i matrimoni, gli ultimi addii, con le realtà, i ricordi e le
speranze di piccoli e grandi ad essi legate.
Caro Pasquale meritavi una riconoscenza dalla
comunità moranese per la tua dedizione, altro che professionisti del calcolo
costi/benefici. Tu però, per questo tempo moranese non eri nessuno, non eri
iscritto all’agonismo della notorietà, ma credimi mancherai tanto alla nostra
comunità.
Adesso che i campanili fanno tutto da soli, resi
petulanti da marchingegni elettrici, a me piace ricordarti sull’uscio della
chiesa, nel silenzio e nella penombra, sorridente e pacifico verso l’eternità. Ciao
Cumpa Pascà.
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