19 giugno 2016

L'ultimo campanaro moranese



In una giornata di nuvole e silenzio se n’è andato Pasquale, l’ultimo campanaro moranese, sempre affabile e disponibile. Molte volte deriso per quel suo sacrificio silenzioso, era piacevole incontrarlo quando insieme a qualche visitatore mi avvicinavo alla “sua” amata Maddalena scambiandomi per uno della comitiva.
Negli ultimi anni faceva avanti e indietro come un ultimo partigiano dell’aria e del silenzio, sempre accanto alla “sua” chiesa che il terremoto le aveva portato via in quel crudele ottobre del 2012.
La sua presenza affabile e discreta era fatta di storie raccontate a modo suo e per questo ancora più belle, uniche ed irripetibili. Storie che raccontava in quel modo arrampicato e dondolante come le funi delle campane che sapeva far “cantare” alla ‘ngranna.
Pasquale era il più efficiente impiegato, un vero cavaliere del lavoro, d’inverno, d’estate, dalla mattina alla sera spendeva generosamente il proprio tempo per accudire la nostra chiesa ed era questo molto confortante se pensiamo a quest’epoca in cui tutti accudiscono le proprie cose, lui accudiva una cosa degli altri.
Con Pasquale non sparisce solo la figura del campanaro, sparisce definitivamente dalla comunità moranese la figura del sacrestano. Quella figura che assiste a tutta la vita altrui che passa all’interno di una chiesa: i battesimi, i matrimoni, gli ultimi addii, con le realtà, i ricordi e le speranze di piccoli e grandi ad essi legate.
Caro Pasquale meritavi una riconoscenza dalla comunità moranese per la tua dedizione, altro che professionisti del calcolo costi/benefici. Tu però, per questo tempo moranese non eri nessuno, non eri iscritto all’agonismo della notorietà, ma credimi mancherai tanto alla nostra comunità.  
Adesso che i campanili fanno tutto da soli, resi petulanti da marchingegni elettrici, a me piace ricordarti sull’uscio della chiesa, nel silenzio e nella penombra, sorridente e pacifico verso l’eternità. Ciao Cumpa Pascà.

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