Capitano certi
giorni in cui tutto sembra che potrebbe andare storto da un momento all’altro,
sono proprio questi giorni che insegnano a credere in ciò che fai e soprattutto
come lo fai.
In montagna basta
poco, il pericolo è sempre in agguato, scarso impegno organizzativo o
disattenzione verso le norme basilari della sicurezza possono trasformare una
tranquilla escursione in un incubo.
Ciò che mi dà la
giusta misura di quello che faccio è la mancanza di presunzione con cui mi
approccio alla mia passione di accompagnare visitatori a scoprire queste terre
alte, solo così ottengo la giusta misura di quello che faccio e di quello che
sono.
Ogni volta per me è
sempre un’avventura nuova, un giorno che scopre un altro giorno, luoghi sempre
diversi appaiono affini nella loro bellezza.
Salire sul Pollino è
come cercare un sentiero verso il cielo, passo dopo passo, roccia dopo roccia,
ventata dopo ventata, respiro dopo respiro, sogno dopo sogno.
Attraverso questi
silenzi carichi di voci che sanno dire cose buone, riesco a sentirmi vivo
dentro e fuori, solo così allento la tensione del quotidiano. Il sentimento
della natura mi porta verso un mondo interiore non ancora totalmente esplorato.
Sulla cima il cielo
incontra la terra, la fredda pietra diventa un altare dove urlare al vento
tutte le menzogne!
Lungo la discesa
passiamo dalla Dolina del Pollino dove ancora il nevaio più a sud d’Europa
tiene bene. La discesa per la cresta sud del Monte Pollino è come sporgersi da un
balcone tra le nuvole, ad oriente la Serra Dolcedorme e a sud tutta la vallata
del Fiume Coscile chiusa all’orizzonte dai Monti dell’Orsomarso-Cozzo del
Pellegrino ingoiati dalle nuvole, ad occidente la Serra del Prete trattiene
stoppose nuvole grigie. Un caleidoscopio di luci ed ombre colpiscono i nostri
sguardi, profumi irreali in un attimo si disperdono nell’aria.
Lungo la Serra del
Pollinello tronchi possenti come bianche ossa di giganti si stagliano contro il
cielo squarciato da ampi sprazzi di luce. Questi alberi sono esseri
mummificati, simboli guizzanti di tragedie e di lotte con gli elementi, dove il
vento plasma lamenti che riecheggiano nei secoli e che percepiamo come voci
lontane velate di mistero. Credo che i pini loricati rappresentino al meglio il
simbolo del coraggio e della vita.
Ci fermiamo al
“Patriarca”, un connubio di forme si dimenano verso il cielo.
Il rientro
attraverso il Bosco Pollinello è una fatica intima e piacevole con il corpo
intiepidito dal vento caldo e dai profumi della natura che penetrano ogni fibra
del nostro corpo. Nel silenzio di questa infinita pace abbiamo ritrovato la
serenità della nostra anima, istanti unici, sublimi, bastevoli da penetrare
tutti i sensi, bastevoli per dare vita al giusto entusiasmo nel percorrere i
non facili sentieri del quotidiano.
Quello che si
respira sul Pollino è un tempo senza tempo, la quiete, la natura selvaggia a
due passi dalla città, il Pollino è la montagna dove raccogliere i frutti
dell’anima, l’importante è salire, andare oltre l’idea della cima, cercare se
stessi, misurarsi, lasciando il tempo e lo spazio di vivere la propria
avventura. Come lo fu per me molti anni fa.
Il Pollino è una
montagna non patinata, ma cruda e vera, dove anche i pensieri a volte si increspano
con il rumore del vento.
Da bambino,
guardando dalla campagna dei nonni, mi interrogavo spesso su cosa ci fosse
dietro quel monte così alto e arcigno. Da allora sono “nati” e tramontati molti
soli, ho visto molte lune far capolino dietro cime maestose, tante le notti
stellate che hanno “brinato” il cielo di sfavillanti luccichii.
Ogni volta nuovi
ricordi tornano a galla, gli alberi rifioriscono, le api continuano a
raccogliere il nettare dei fiori , la Vita continua, la mia di Vita ogni giorno
scopre la Gioia di Vivere, un Amore sempre più grande e sempre più forte.
Oggi in compagnia di
Italo e Valentino è stato un altro “giorno grande”…
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