22 maggio 2017

Un "giorno grande"...



Capitano certi giorni in cui tutto sembra che potrebbe andare storto da un momento all’altro, sono proprio questi giorni che insegnano a credere in ciò che fai e soprattutto come lo fai.
In montagna basta poco, il pericolo è sempre in agguato, scarso impegno organizzativo o disattenzione verso le norme basilari della sicurezza possono trasformare una tranquilla escursione in un incubo.
Ciò che mi dà la giusta misura di quello che faccio è la mancanza di presunzione con cui mi approccio alla mia passione di accompagnare visitatori a scoprire queste terre alte, solo così ottengo la giusta misura di quello che faccio e di quello che sono.
Ogni volta per me è sempre un’avventura nuova, un giorno che scopre un altro giorno, luoghi sempre diversi appaiono affini nella loro bellezza. 
Salire sul Pollino è come cercare un sentiero verso il cielo, passo dopo passo, roccia dopo roccia, ventata dopo ventata, respiro dopo respiro, sogno dopo sogno. 
Attraverso questi silenzi carichi di voci che sanno dire cose buone, riesco a sentirmi vivo dentro e fuori, solo così allento la tensione del quotidiano. Il sentimento della natura mi porta verso un mondo interiore non ancora totalmente esplorato.
Sulla cima il cielo incontra la terra, la fredda pietra diventa un altare dove urlare al vento tutte le menzogne!
Lungo la discesa passiamo dalla Dolina del Pollino dove ancora il nevaio più a sud d’Europa tiene bene. La discesa per la cresta sud del Monte Pollino è come sporgersi da un balcone tra le nuvole, ad oriente la Serra Dolcedorme e a sud tutta la vallata del Fiume Coscile chiusa all’orizzonte dai Monti dell’Orsomarso-Cozzo del Pellegrino ingoiati dalle nuvole, ad occidente la Serra del Prete trattiene stoppose nuvole grigie. Un caleidoscopio di luci ed ombre colpiscono i nostri sguardi, profumi irreali in un attimo si disperdono nell’aria.
Lungo la Serra del Pollinello tronchi possenti come bianche ossa di giganti si stagliano contro il cielo squarciato da ampi sprazzi di luce. Questi alberi sono esseri mummificati, simboli guizzanti di tragedie e di lotte con gli elementi, dove il vento plasma lamenti che riecheggiano nei secoli e che percepiamo come voci lontane velate di mistero. Credo che i pini loricati rappresentino al meglio il simbolo del coraggio e della vita.
Ci fermiamo al “Patriarca”, un connubio di forme si dimenano verso il cielo.        
Il rientro attraverso il Bosco Pollinello è una fatica intima e piacevole con il corpo intiepidito dal vento caldo e dai profumi della natura che penetrano ogni fibra del nostro corpo. Nel silenzio di questa infinita pace abbiamo ritrovato la serenità della nostra anima, istanti unici, sublimi, bastevoli da penetrare tutti i sensi, bastevoli per dare vita al giusto entusiasmo nel percorrere i non facili sentieri del quotidiano.
Quello che si respira sul Pollino è un tempo senza tempo, la quiete, la natura selvaggia a due passi dalla città, il Pollino è la montagna dove raccogliere i frutti dell’anima, l’importante è salire, andare oltre l’idea della cima, cercare se stessi, misurarsi, lasciando il tempo e lo spazio di vivere la propria avventura. Come lo fu per me molti anni fa.
Il Pollino è una montagna non patinata, ma cruda e vera, dove anche i pensieri a volte si increspano con il rumore del vento.  
Da bambino, guardando dalla campagna dei nonni, mi interrogavo spesso su cosa ci fosse dietro quel monte così alto e arcigno. Da allora sono “nati” e tramontati molti soli, ho visto molte lune far capolino dietro cime maestose, tante le notti stellate che hanno “brinato” il cielo di sfavillanti luccichii.
Ogni volta nuovi ricordi tornano a galla, gli alberi rifioriscono, le api continuano a raccogliere il nettare dei fiori , la Vita continua, la mia di Vita ogni giorno scopre la Gioia di Vivere, un Amore sempre più grande e sempre più forte.
Oggi in compagnia di Italo e Valentino è stato un altro “giorno grande”…

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