In montagna non cerco più l’impresa sportiva, cerco
l’emozione dell’ambiente, la grandiosità del paesaggio.
Le chiazze dei nevai e la coltre nevosa dei
versanti settentrionali delle montagne ammorbidiscono la severità del
paesaggio, creando uno sfolgorio di riflessi, di controluce e penombre, quasi
un gioco magico di incanto.
Esplodono i miei sogni in lancinanti battiti di
cuore. Ogni istante è fonte di gioia. Qui mi prendo cura di me, di ogni giorno
che passa e ritrovo la pace in un mondo sempre più inquieto.
Vivo il miraggio dei nevai luminosi, delle nuvole
turbinanti, del gorgoglio di acque limpide e freschissime, presenza preziosa e
viva.
Con Italo alterniamo discorsi a lungi momenti di
silenzio, ogni tanto ci arrestiamo e ci abbandoniamo a scattare foto.
Ogni volta tra queste maestose montagne e spazi
infiniti c’è qualcosa da scoprire o da raccontare, qualcosa di misterioso,
ignoto, magico ed incantato che risponde all’esigenza dell’uomo di ricercare,
fin dalla sua comparsa sulla Terra, l’immagine di sé, il senso della propria
Vita.
Ridiscendendo il Passo delle Ciavole verso il Piano
di Acquafredda faggi colossali consunti da centinaia d’anni di intemperie,
sembrano enormi statue di roccia.
Al Piano di Acquafredda “incontriamo” gli “Alberi
Serpente” (appellativo datogli da Giorgio Braschi) dalle forme urlanti nei
tronchi e rami contorti, testimoni silenziosi e depositari di mille segreti. E’
certamente un mistero questa particolarità di portamento.
Questo fenomeno,
ritengono alcuni, è da ricercare nel particolare topoclima delle doline, cioè
rapidi raffreddamenti con conseguenti inversioni termiche che provocano
frequenti gelate autunnali e primaverili, quest’ultime colpiscono
prevalentemente le gemme apicali più esposte portandole alla morte, questo
“disturbo” ripetuto nel tempo ha ostacolato il normale sviluppo di questi
faggi. Altri studiosi affermano che le forme contorte di questi alberi siano
dovute alla persistenza, per lunghi periodi, del peso di neve e ghiaccio sugli
apici vegetativi delle piante vista l’esposizione a nord-est della dolina dove
i faggi si trovano. Altri ancora avanzano l’ipotesi che l’orlo sud orientale
del Piano dove vegetano gli alberi sia stato sottoposto nei secoli passati a
ritorni periodici di inondazioni di masse d’acqua, provenienti dal preesistente
lago, che avrebbero determinato, nella parte basale dei polloni di faggio
sommersi, adattamenti del tutto irregolari. Il mistero è tutt’altro che
chiarito!
Mangiamo qualcosa immersi nel silenzio come una
presenza palpabile, una profonda serenità mi inonda e tutta l’agitazione della
quotidianità sociale defluisce e si disperde.
Nel primo pomeriggio cielo e montagne si confondono
in un mutare di luci. Lasciamo il Piano di Acquafredda conservando nitido il
sibilo del vento su una collinetta morenica, la vista maestosa delle cime
intorno, il sorriso soddisfatto e felice di Italo, un attimo fugace di intimo
accordo con gli elementi, la vera soddisfazione del mio andare per monti.
Al ritorno verso il Passo delle Ciavole ci
imbattiamo in un malcapitato che si era perso, cercava Serra di Crispo nel
posto sbagliato. Lo rimetto sulla giusta via consigliandolo che l’ora era ormai
tarda e che se non si è pratici dei luoghi non è consigliabile avventurarsi,
ancor peggio in solitaria. Sul Pollino,
in particolari condizioni, è molto facile perdere l’orientamento. Non riesco a
farlo desistere. Lo vediamo avviarsi risalendo le morbide curve moreniche del
Piano di Pollino verso la Piana del Pollino. Poi scompare alla nostra vista
inghiottito dagli avvallamenti.
Poi il ritorno è fatto di silenzio, di profumo di
neve e vento, ognuno perso nei suoi pensieri, rapito dai suoni della natura ma
anche dai colori, dalle sue luci che tagliano e scolpiscono questo paesaggio
selvaggio.
Ancora, il gorgoglio dell’acqua dei nevai che si sciolgono, il
profumo della terra umida e grassa, i canti degli uccelli, i massi giganteschi
che osservano muti il nostro incedere felice, un connubio di forme e mille
visioni si imprimono, fulminei, nella nostra mente.
Nonostante i tanti anni e
le molteplici avventure vissute in questi luoghi, per me è sempre come la prima
volta niente ha scalfito la mia capacità di emozionarmi dinanzi a tanta
bellezza. Così l’anima si libra nell’aria per farsi preghiera.
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