6 marzo 2017

La ferrovia dimenticata



Ci sono terre ricche di segni, tracciati dalla natura e dagli uomini nei secoli. Il tratto, ormai dismesso, della ex Ferrovia Calabro – Lucana ne è un esempio, oggi diventato una tavolozza bianca su cui disegnare tante storie.
Si tratta di un patrimonio importante fatto di sedimi continui che si snodano nel territorio e collegano borghi e villaggi rurali, attraverso opere d’arte - ponti, viadotti, gallerie -, stazioni e caselli spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche che giacciono per gran parte abbandonati in balia della natura che piano piano se ne riappropria e di vandali e sporcaccioni che accelerano la mano distruttiva del tempo.
Dopo l’arrivo delle automobili e la costruzione dell’autostrada, questi binari, forse nati già vecchi, sono diventati i segni di un tempo perduto, dove una vegetazione folta riconquista lo spazio ma non i segni indelebili delle linee parallele dei binari che per lunghi anni hanno sostenuto il peso di locomotive e vagoni.
La ferrovia dimenticata può rappresentare una nuova frontiera di turismo lento dando ai visitatori la possibilità di godere di un’attrattiva fruibile turisticamente, aiutando il territorio ad un positivo ritorno economico. Le potenzialità storiche-culturali-paesaggistiche ci sono tutte ma vanno generati modelli di vacanza che innanzitutto ci permettano di identificarci tra noi ed allo stesso tempo ci differenziano da altri siti turistici.
Non serve necessariamente la macchina fotografica, ma la voglia di accogliere. Tra ulivi e un paesaggio frazionato in piccoli appezzamenti, un tempo utilizzati per il sostentamento ed oggi usati per il pascolo, tra valloni precipiti retti dalle radici di folti pini, questa è terra che a tratti abita il cielo.
Mentre procediamo tra caselli abbandonati e gallerie sgocciolanti d’acqua i luoghi attraversati ci raccontano il passato e spiegano il presente, soffocati dal mito dell'alta velocità e dall'arrivare prima a tutti i costi. Velocità contro lentezza, forse questo è lo scopo della nostra giornata: far riscoprire affascinanti tracciati immersi nella natura e sensibilizzare gli enti locali a favorire un recupero, riflettendo sugli errori fatti nei decenni precedenti, quando con molta facilità furono dismessi e soppressi chilometri di ferrovia che oggi sarebbero un prezioso strumento di crescita turistica e sociale.  
Le gallerie ci accolgono con il loro buio di pece mentre la luce della lampada squarcia anche il rumore dei passi amplificati da questa bocca nera, in fondo la luce del giorno che lentamente arriva, non prima di aver sentito l’odore del carbone portato dal vento e le gocce che dalla volta si infrangono sui nostri pensieri creando un picchiettio dolce che non ci abbandona più lungo tutto il passaggio.
Il tracciato a tratti sembra scomparire, in realtà si trasforma in uno stretto sentiero, avviluppato dai cespugli. Un tracciato intitolato al silenzio ed all’incuria, purtroppo, ma dal grande valore storico e paesaggistico. 
Serve un progetto politico, turistico e sociale, ampio e comune per recuperare innanzitutto la nostra identità perduta e sanare il deficit di inciviltà che ancora, attanaglia i luoghi e le persone di questo territorio. Serve un sistema funzionale e funzionante di infrastrutture, di accoglienza e di narrazione, solo così daremo la possibilità ai visitatori di sperimentare emozioni autentiche fatti di conoscenza, condivisione, di saperi e sapori da portare con sé. 
Questo essere qui, oggi, per me che faccio parte di questo territorio, rappresenta in un certo senso anche un recupero, un ritrovamento. Un recupero che tende a mantenere viva la memoria storica di luoghi e toponimi, un ritrovamento di vedute e paesaggi prima dimenticati.
Forse c’è ancora tempo per non abbandonare tutto al proprio destino!

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