Sono tanti i luoghi del Parco Nazionale del Pollino
dove ha senso sia quello che si vede ma anche quello che non si vede. Uno di
questi luoghi è la valle del Fiume Argentino un richiamo di austera bellezza,
una valle che ha un’anima e quest’anima palpita. C’è qualcosa nel correre con
la corrente del fiume che tocca l’animo umano in profondità, il fragore di
risonanze, riflessi cangianti, la fluidità di segni e mutazioni. Il fiume è una
linea ma anche itinerario, la via ed il passaggio, il movimento ma anche la
calma, la potenza del turbine tra l’evidente e l’incalcolabile.
La trascendenza qui, anche se non la cerchi, ti
viene incontro tra spicci di cielo che si fanno spazio attraverso la massa
verdeggiante, fondendosi nello stormire delle foglie, nel suono “argentino”
dell’acqua, nel canto degli uccelli, attimi in cui tutto diventa preghiera.
Mancavo da molti anni in questo luogo e nella mia
mente riaffiorano ricordi ormai accantonati: la scuola, i giorni della
gioventù, le prime amicizie “montanare”, le prime “esplorazioni” in questa
parte di territorio per me sconosciuto. Gli anni sono volati senza
accorgermene, intensi, pieni, insegnandomi ad apprezzare e misurare le cose
raggiunte, permettendomi di continuare a conoscermi.
Il mormorio del torrente ci accompagna mentre
saliamo tra ontani e lecci, lasciamo la valle ed il corso del fiume molti metri
più giù, mentre voci si perdono nell’oscurità della vallata ed intorno regna
solo l’abbraccio di monti ammantati di foreste. Siamo su un belvedere che
regala sipari di incantata bellezza, la mente viene catalizzata da questi
ammassi verdeggianti e torrioni che si elevano sopra le nostre teste come
grosse sagome di dinosauri.
Scolliniamo al valico di Castel San Noceto per
subito calarci all’interno della più ombrosa Valle de “I Milari”. Ho soggezione
e timore in questa parte di Natura che adesso non fa passare nessun filo di
luce e tutto è calmo e più fresco.
Il mormorio del torrente è cessato, sembra calcare
le dorsali di un immenso gigante addormentato che non si domina ma che
certamente si rispetta. A tratti la ripida discesa mette a dura prova le
ginocchia e le dita dei piedi che premono contro le scarpe. Epifanio, il mio
compagno di sentieri ed “escursionista per caso” come ama definirsi, ogni tanto
allunga, si vede che ama stare in contatto con la natura e dialogare con lei
nel silenzio.
Meditare e rilassarsi è sicuramente questo un luogo
per anime inquiete dove trovare la pace e l’equilibrio interiore senza bisogno
di andare troppo in alto, basta immergersi in questa bella valle
incantata.
Mentre ridiscendiamo il mormorio dell’acqua si fa
sempre più armonioso, ci avviciniamo verso il torrente “I Milari”, affluente
dell’Argentino, segno che Povera Mosca è vicino per concludere questo
meraviglioso anello.
Al rifugio, nel primo pomeriggio, l’incontro con
l’amico Oscar, dopo vent’anni, ha trasformato il vino in una storia dolce bella
da vivere, riuniti con Epifanio a sciogliere e riannodare i tanti fili del
nostro territorio per cercare di trovare una soluzione ai tanti problemi di cui
discutevamo.
Alla fine i saluti come sempre malinconici ma
conditi di tanti buoni propositi per nuovi incontri, sempre circondati da una
Natura suggestiva in grado di creare momenti che rimarranno per sempre nel
profondo del nostro Cuore.
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