12 ottobre 2011

Viaggio solitario da Morano al Santuario della Madonna del Pollino: tra misticismo, lucidità e follia

(seconda ed ultima parte)

La discesa verso i Piani di Vacquarro mi distende un po’ i muscoli, non incontro nessuno, solo quando percorro il Piano Basso noto che alcuni escursionisti stanno scendendo giù dalla strada forestale proveniente da Colle dell’Impiso. Il cielo si è annuvolato. Mi inoltro nel cuneo finale del piano che termina ai piedi della Scaletta del Frido, la risalgo con passo spedito e prima che supero precari e ciclopici ammassi di roccia intravedo la cresta della Madonna del Pollino, con la chiesetta ed il rifugio appollaiati come nidi di grossi rapaci. Quella vista è un sollievo per il cuore e per le gambe, all’orizzonte grosse nuvole ribollono nell’aria. Cerco protezione all’interno del bosco, dapprima proseguendo su uno stretto sentiero poi, fatte poche decine di metri, la traccia si allarga e diventa un’agevole carrareccia a tratti lastricata da grosse pietre. Sento di essere all’interno di una grossa vena che attraversa l’interno di questo grosso corpo fatto di chiome verdi e fusti altissimi. 
Nessun rumore ostacola il suono del mio respiro ed il battito del cuore. Questa vena di sangue vivo mi porta lontano, davanti a me vedo scorrere tutta la mia vita, un bambino nella campagna, i nonni, l’asino che tira l’aratro e fa muovere zolle di terra, il sapore dei fichi, le spighe di mais, le galline, l’odore della stalla, il calore del fuoco, il profumo delle castagne arrostite, gli amici, le partite a pallone, le sbornie di vino, la raccolta delle olive, il baccalà con le patate, gli amori, i sorrisi ed il pianto, episodi carnali di sesso e autoerotismo, vedo i miei genitori. Sono preda di allucinazioni, questa spirale di sangue mi tira giù, sento odore di funghi, di muffa, odore di morte, vedo un cimitero, la mia stanza piena di poster e foto, il mio vicinato, l’odore del sugo la domenica, i rintocchi delle campane, i volti della gente, il volto di Cesira, il sorriso e lo sguardo dolce di mio figlio, il pane fatto da mia nonna, il sapore dei fagioli cotti vicino al fuoco, il vento sulla faccia, il pianto di mia madre, vedo la neve, sento freddo caldo, il mare, la spiaggia ed il sole, vedo il volto di mio nonno Angelo, il sorriso di zio Franco, una bara, dei bambini che giocano, vedo dei fiori, gli amici su un prato, vedo degli asini, zia Amelia che dà da mangiare alle galline, sento il sapore della ricotta di una volta, l’odore del mosto, zio Pietro con la maglia a mezze maniche, il sorriso di Dino, sento la pioggia bagnarmi da tutte le parti, vedo scene di montagna con Domenico ed il Presidente, gli abbracci ed i discorsi con Salvatore “mio fratello”, scene di soccorso e di salvataggio in montagna, il Canton Ticino, la Toscana, Parigi, sento l’odore del legno, il rumore della carta vetrata, episodi di quando facevo il falegname, il motorino, gli errori, le vittorie e le sconfitte di questa mia vita.
Barcollo, mi appoggio ad un grosso tronco di faggio, il mio volto è rigato di lacrime, rivolgo lo sguardo in tutte le direzioni come se aspettassi qualcuno uscire da quel silenzio e venirmi incontro, scruto dietro gli anfratti, osservo i tronchi, spio verso i cespugli con l’intento di vedere persone che non ci sono più. Non succede niente. Solo silenzio ed una solitudine immensa. Mi abbandono e mi lascio trasportare dal Rosario. Prego. 
Camminare in solitudine è qualcosa che ti resta dentro ed al tempo stesso ti squarcia, come il cuneo della scure spacca il tronco. Mentre cammino vedo la mia vita spezzettarsi in frantumi, in schegge e scintille che si spandono nell’aria, questa condizione mi porta a valutare la proporzione fra il bene ed il male, fra il giusto e sbagliato.
Sull’irto sentiero che conduce alla Cappella, sento e percepisco di essere diventato parte di un progetto più grande, ad un certo momento io stesso sento di essere parte di questo viaggio che sto compiendo, io stesso sono diventato il viaggio. Arranco solo, con la fatica fisica ed il sudore che come un ruscello scende copioso lungo la schiena, sul petto, dalla fronte. Mentre salgo e cerco, sento il silenzio avvolgermi, percepisco la mia stessa essenza, cerco la radice stessa del mio animo, tutto diventava vero, è la completezza, momenti intensi vissuti ed intessuti di lucidità e follia.  
In chiesa, in fila per incontrare la Madonna, ho pianto. Succede da molti anni, da quando ho deciso di vivere questo pellegrinaggio in solitudine partendo da Morano. E’ un momento mistico in cui so di essere giunto sino qui dando tutto quello che potevo dare. Mentre faccio la fila per salutare la Vergine, una piccola bimba, tirando la camicia del padre, mi rivolge degli sguardi curiosi. Gli regalo l’unica cosa che ho: un sorriso e lei dalla sua sfortunata condizione sembra ricambiare accennandone un altro sul suo bel visino.  
Durante questo Pellegrinaggio ho avuto il tempo di eliminare gli egoismi e le meschinità quotidiane. Sulla via del ritorno ho capito che ci sono sentieri all’interno del proprio cuore che ancora non conosciamo, ma ricercando a fondo se stessi un giorno potranno essere percorsi tutti. Quel giorno saremo liberi come le nuvole, ci perderemo nei raggi del sole e nei profumi del sottobosco, ci scioglieremo lentamente come i nevai d’estate sulle cime. 
A te figlio mio dedico questo Cammino, con la speranza che potrò essere sempre un buon padre e dedicarti il giusto tempo come sto facendo ora. Perché un giorno, come io ho fatto con mio padre e mia madre, sarai tu a giudicarmi per quello che ho fatto e per come avrò vissuto. Spero sarai contento e poter dire che avrai avuto un buon padre.
Più che un uomo di successo ti auguro di diventare un uomo di valore, ti auguro di non scoraggiarti mai anche quando il cielo si rannuvola di nubi nere, sappi che si rasserenerà. Sappi che il male che ci colpisce non è mai assoluto e che comunque c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi. Ma quello del male fa parte comunque del viaggio che abbiamo deciso di affrontare nel momento in cui abbiamo stabilito di vivere. La vita è un bene da godere e la montagna me ne ha dato tanto, ha volte come e più di una madre, ma le tristezze, le delusioni e i dolori purtroppo non si possono cancellare e ci dovrai fare i conti, anche loro però completano quella che è l’enorme bellezza della Vita. Oggi tra l’enorme bellezza della mia Vita c’è anche il tuo sorriso birichino da piccolo buddha che compensa adeguatamente i miei giorni di stanchezza e di preoccupazione sul tuo futuro e c’è anche la pazienza e l’Amore di tua madre che non ti fa mancare nulla ed i nonni che ti vogliono bene come un loro figlio.   
Ricorda figlio mio che la vita è un ricco viaggio denso di suggestioni ma quello che conterà davvero sarà solo il tuo Cuore e ciò che saprai raccogliere di Vero e Duraturo lungo il Sentiero della Vita. Diffida da ciò che brilla, da tutto ciò che può essere conquistato in modo facile e veloce, non inseguire ciò che non costa niente. Ricordati che il vero Valore è custodito nella semplicità delle cose, la cui conquista richiede Sacrificio e Sudore.    
Sii sempre, ogni giorno, un uomo migliore, fallo affidandoti interamente a te stesso come ho fatto io lungo il mio Viaggio…Buon Cammino Figlio Mio.
P.S.: un grazie di cuore a Francesco Sallorenzo per il suo cortese invito, da me rifiutato come tradizione pellegrina vuole,  di offrirmi un passaggio di ritorno in macchina fino a Morano.
L’ultima foto appare per sua gentile concessione…”Ca Maronna t’accumbagna Francè”.


4 commenti:

Anonimo ha detto...

Amò,
spero anche io che nostro figlio possa continuare a crescere nella totale serenità, avvolto da tutto il nostro amore, fino a quando diventerà un piccolo uomo equilibrato e soddisfatto della vita. Lo aiuterai tu come papà ad accrescere le sue passioni, lo aiuterò io come mamma a mantenere sempre alta la sua autostima, lo aiuteremo insieme a diventare un uomo sincero e forte. E spero che (se Dio vuole) l'arrivo del fratellino (o sorellina) lo completerà ancora di più e avrà un punto di riferimento importantissimo durante la sua esistenza.
Cesira

Anonimo ha detto...

Ohi Fratello ma te la ricordi quella giornata di tanti anni fà? Anche noi rifiutammo un passaggio e le parole del pastore furono: ù chiuruddu dù culu jè chiù forte da'gramigna!
Che ricordi!Che soddisfazione!Che bello!
Grazie sempre per avermi insegnato il gusto del pellegrinaggio
Un forte abbraccio
Pellegrinodelpollino

indio ha detto...

Bravo.. Sei un autentico pellegrino dei nostri tempi e, pur non essendo un cattolico devoto come te, ho condiviso i tuoi passi e le tue lacrime. La Madonna di legno rappresenta la gente del Pollino, soprattutto la povera gente, con i suoi sogni e le sue speranze. E perciò non potrà che fare parte della nostra vita, per sempre. Nell'era delle automobili e della banalizzazione del sacro il tuo cammino, allo stesso tempo fisico e spirituale, è da apprezzare. Abbiamo bisogno di rimetterci in cammino, per riscoprire i valori autentici che ci legano alla nostra terra e alla sua gente.
Non ho potuto esserci, ma anche a me sarebbe piaciuto ascendere alla montagna in quel giorno di festa.
Un caro saluto,
Indio

falcotrek ha detto...

Io sono una preghiera in cammino

Con un vuoto di fame in me io cammino,
Cibo non potrà riempirlo;
Con un vuoto di spazio in me io cammino,
Nulla potrà riempirlo;
Con uno spazio di tristezza in me io cammino,
Tempo non lo terminerà;
Con uno spazio di solitudine in me io cammino,
Nessuno lo colmerà;
Per sempre solo, per sempre triste io cammino;
Per sempre vuoto, per sempre affamato io cammino,
Con dolore di grande bellezza io cammino;
Con vuoto di grande bellezza io cammino.
Ora con un Dio io cammino,
Ora con i passi muovo tra le vette,
Ora con Dio io cammino,
A passi di gigante, oltre le colline.
Io sono una preghiera in cammino.
Mai solo, mai piangente, mai vuoto,
Sul cammino delle età antiche,
sul sentiero della bellezza,
Io cammino.

(canto dei Navajos)

Ciao Roberto, a presto!
P.

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