Un giorno, figlio mio, dovrai metterti in cammino anche tu, sarà un cammino che ti serberà gioie e dolori, passo dopo passo dirai addio a cose che ti sei portato dietro.
Spero di esserci quel giorno per indicarti il sentiero meno battuto e chissà se sarò stato un buon padre! Se avrai modo di leggere questo scritto spero tu possa trarne la giusta direzione per il tuo andare e il tuo divenire di uomo.
Un giorno figlio mio dovrai imparare a non avere fame e non avere sete, a non avere freddo e a non avere caldo, dovrai imparare a non aver paura della morte ed al tempo stesso essere radice profonda che si nutre della terra fertile della Vita. Dovrai imparare a scacciare il dolore quello che contrae i muscoli, dovrai imparare a resistere alla fatica, a bagnarti di pioggia e ad asciugarti di sole. Dovrai imparare a non aver paura degli ululati della tempesta tra lo stormire delle foglie, dovrai essere pronto a dare sangue in mezzo a spine e rovi intrecciati, dovrai imparare a fidarti solo del tuo cuore. Perché un giorno figlio mio il tuo cuore ti chiederà di andare oltre e dovrai scegliere come vivere: tra una vita che fa marcire o una vita che consuma. I vigliacchi e gli avari scelgono la prima, i coraggiosi e i generosi la seconda. Io la mia scelta la feci molti anni fa ed oggi credo di essere un uomo migliore.
Un giorno scoprirai che l’Amore più bello che un uomo possa desiderare è quello di una donna, lo scoprirai, credo, nel momento in cui avrai perso la speranza di confidare nella potenza di questa forza misteriosa. Così è stato per me e tua mamma, dal nostro Amore sei nato tu, ed anche se durante i giorni della vita le incomprensioni come folate di tempesta vorrebbero sradicare questo Amore, esso resiste con forza come radice di pino loricato sui dirupi rocciosi.
Un giorno figlio mio ti chiederai cosa sia la fede, spero per te sia qualcosa di speciale che possa aiutarti e accompagnarti lungo il sentiero della vita. La fede per me è stata e continua ad essere un raggio di sole che entra nel mio cuore e mi protegge.
Questo scritto lo lascio a te, affinché un domani sia bussola per aiutare la tua scelta, lo affido al tuo sonno dolce, inconsapevole che tuo papà sta per partire inghiottito dalla luce potente dell’aurora, dalla solitudine, dall’ombra e dal silenzio di foreste impenetrabili.
E’ passata quasi mezz’ora da quando sono partito da Mazzicanino, il profumo della pineta mi riempie i polmoni di aria buona, mi insinuo nella lecceta lungo la pietraia, solo ora mi accorgo di essere già tutto un sudore. Sottilissimi fili di ragno mi si appiccicano sulla faccia, esili ed innocui camponotus alati si posano sulla pelle fresca delle mie braccia. Questo sudore mi purifica, mi pulisce, questa solitudine e questo silenzio mi portano lontano. Rendo grazie al mio corpo che mi concede di fare questo viaggio. Rendo grazie alla Madonna ed al Signore a tutte queste forze sottili e rivelatrici che mi trapassano nell’aria. Credo che c’è sempre un mistero, un’incognita che accompagna l’andare di chi sceglie di incamminarsi da solo per montagne, forse ancora di più quando il cammino è rivolto verso mete di Fede.
Dalla sorgente Romània vedo le prime luci che inondano Morano, sono ancora nell’oscurità e lo sarò ancora per molto soprattutto quando mi addentrerò all’interno del folto bosco del vallone di Gaudolino. Alla sorgente mi fermo giusto il tempo di un sorso d’acqua. La Romània è tornata a sgorgare da alcuni anni, prima vi si trovava al massimo un leggero rigagnolo.
La strada è tanta, superato il Labirinto dei Pinnacoli il sentiero prosegue su un tratto piano costeggiato da nere sculture lignee che mi osservano immobili e silenziose, sono pini neri. Mi inoltro nel bosco, la mulattiera adesso sale, l’udito non percepisce più gli attenuati rumori provenienti dall’autostrada. C’è scuro dentro al bosco, sono solo sulla Scala di Gaudolino.
La Scala di Gaudolino o dei Moranesi è un’erta mulattiera che dai terrazzamenti di Mazzicanino e dopo un dislivello di circa 800 metri sbuca a Colle Gaudolino, la leggenda vuole che ogni moranese deve percorrerla almeno una volta nella vita per essere un “vero moranese”.
Mi stacco dalle miserie del mondo e mi godo questa pace solitaria. In questo luogo da ragazzo solevo venire con mio zio a funghi, questo sentiero è stata la porta d’accesso che mi ha fatto conoscere la montagna ed in particolar modo il Pollino. Da qui sono partite le mie prime esperienze di giovane ed inesperto montanaro. Oggi mio zio non c’è più, ma i tanti ricordi di lui mi vivono a fianco, mi fa piacere immaginare che se guardo con attenzione posso scorgerlo dietro a un faggio con il suo immancabile sorriso e la battuta sempre pronta. Più diventiamo adulti, più diventiamo uomini e ci accorgiamo sempre di più che ci manca qualcosa di caro che ci ha accompagnato lungo il sentiero della Vita e che purtroppo non potrà ritornare. Una persona, un momento, un oggetto, risentire una canzone. Anche questo però deve continuare a farci accettare questa Esistenza complicata e difficile, contornata di gioie ma pur sempre piena di ostacoli, di dispiaceri e delusioni.
Il bosco, questo vallone mi ha inghiottito sento solo il rumore del bastone che batte tra le rocce, salire lungo la Scala è un’esperienza unica. I faggi sembrano aprirsi davanti al mio cammino. Sto calpestando un luogo un tempo trafficatissimo, ricco di storia e suggestione, ed oggi ahimè quasi dimenticato dai “veri moranesi”.
Nei pressi dei Gendarmi di Pietra la mulattiera si trasforma in gradini scavati nella roccia, la Scala appunto. Questo posto è l’anticamera per Rapente, il tratto più impegnativo, più duro di tutta la salita verso Gaudolino. Non mi lascio scoraggiare e con passo costante affronto la mole di questo tremendo tratto, pochi passi e mi fermo, poi riprendo, poi ancora mi fermo. Fisso un punto e mi obbligo a raggiungerlo. Poi mi fermo ancora, c’è la curva, la pendenza diminuisce, faggi secolari sorridono, sono preda dello spasmo e della fatica, sono contento, continuo, vado avanti, il Santuario è ancora lontano.
E’ una sensazione strana quella di sentirsi parte, almeno per un momento, di questi posti. Sono attimi fugaci di intimo accordo con gli elementi naturali. Esplori almeno per pochi minuti, giusto il tempo del proprio passaggio, luoghi che vedono sempre meno il cammino degli uomini. Questo silenzio irreale fruga dentro la mia anima, questo cammino mi acquieta e mi riconsegna ad una dimensione più umana del vivere, qui si è solo se stessi, solo con tutto quello che mi porto dietro, storie di un uomo come tanti che ha bisogno di fare luce dentro se stesso e fare arrivare quella luce negli anfratti più profondi del proprio cuore. Non c’è tempo per imbrogliare se stessi. Cammino e non sento altro che un canto nel cuore. Dopo molti anni sono ancora qui ed è come se fosse la prima volta, con l’unica differenza che ogni anno che passa lo zaino ahimé è sempre più pesante.
La Scala è quasi finita la salita si fa sempre meno ripida, intravedo le luci sul fondo del bosco, il sole mi ha quasi raggiunto. Non sono nemmeno a metà cammino. Sul Colle Gaudolino vapori di nebbia mi accarezzano il viso, l’erba ai miei piedi è bagnata, la fontana di Gaudolino è un baccano di campanacci e scodinzoli di code. Mucche paciose fanno colazione.
Alla sorgente Spezzavummola faccio anch’io un leggero spuntino nella speranza che il sole asciughi le magliette fradice di sudore, ma non c’è niente da fare, il sole non è così caldo come speravo e poi va e viene facendo capolino dietro le nuvole. Speriamo che non piove.
(fine prima parte – CONTINUA)
6 commenti:
Spero che un giorno il cioccolone nostro (bellissimo) avrà la tua verva da scrittore, ancora prima di condividere con te la passione per la natura…
Cesira
un groppo alla gola, un groviglio di emozioni...ma una carica di vita speciale che pochi come te sanno trasmettere. Bravo! Un saluto alla tua famiglia e...attendo di sapere quando è possibile condividere una 'semplice' escursione insieme a voi. Grazie di cuore. Elvira
Penso, ed il tempo ogni volta me ne dà ragione, che la Grazia più grande, il miracolo più Divino che potessimo mai ricevere, sia avere accanto quell’anima, che riesca a tirarti fuori pensieri come questi..a dipingere ninna nanne nel futuro del proprio figlio,che riesca con un gesto a placare il tormento d’un anima libera ,capace di trattenere nel proprio essere l’immenso del proprio andare e soprattutto riesca a descriverne i particolari più intimi …anche se a volte ci si “urla” contro o si fanno sfuriate da mezzogiorno di fuoco …
Vi auguro tutto il bene di questo mondo ed ancora di più…
Spero di vedervi presto
Bacio Michelino
Imma
Cara Elvira
finchè il mio piccolo "monellaccio-capriccioso" non cresce un pò sarà difficile portarlo su. Sono sicuro che riusciremo ad organizzare qualcosa vedrai, così da poter condividere tutti insieme le immense emozioni che solo la Grande Madre sa trasmettere. Un forte abbraccio e grazie a te di vero Cuore. Ciao
Cara Imma
spero di rivederti presto...è vero i piccoli a volte ti fanno perdere la pazienza ma basta un loro sorriso, una carezza di manina, un loro abbraccio per farti capire la Grande Fortuna che si ha accanto.
Un grosso saluto al mio "fratellone" che so che in questo periodo è molto indaffarato. Ci sentiamo. Un abbraccio. Ciao
E' vero, le solitarie sono una medicina per lo spirito...Attendo la seconda parte... Un caro saluto
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