Diventiamo quello che siamo col passare del tempo,
con l’adattamento e la capacità di saper affrontare le prove della vita. Più
passano gli anni e più cambia il modo di affrontare le mie solitarie.
Durante la preparazione adesso è come se qualcosa
mi tenesse legato. Credo sia la responsabilità verso i miei figli e Cesira. Questo
andare da solo per montagne è una porta che adesso lascio socchiusa. E pensare
che un tempo la chiudevo completamente dietro di me. Forse perché quando si è
giovani non si considera mai l’ipotesi di morire.
Pochi passi è sono già dentro al bosco sul crinale
sud occidentale di Coppola di Paola. Una cima minore del Parco Nazionale del
Pollino (1919 metri) ma dal grande fascino e soprattutto molto panoramica dal
versante da cui sto salendo. Infatti la cresta sud occidentale, rude e solitaria,
la rende bene per l’escursionismo invernale.
Ho dimenticato il telefono a casa. Sono tornato
indietro di 20 anni. Ma questo non mi pesa. Mi chiedo cosa penserà Cesira
vedendo il cellulare lasciato sul comodino.
In silenzio entro in sintonia con la mia anima. La
montagna in solitaria regala emozioni e sensazioni uniche, accanto solo a me
stesso, insieme ai miei pensieri più profondi, responsabile solo delle mie
scelte.
Raccolgo emozioni ad ogni passo, preso da pulsioni
che fanno vibrare gli organi interni del mio involucro umano.
Non ho niente da insegnare agli altri. Affronto le mie
paure consapevole dei miei limiti, rispettoso della montagna e senza nessuna
pretesa di conquista. Cerco solo me stesso dentro la natura.
La nebbia mi drappeggia accanto. Poi mi inghiotte.
Fluttuo in questo oceano di bianco insondabile, vengo sciolto dalla terra e consumato
da mille stimoli olfattivi e visivi.
La vetta oggi non è una liberazione. La liberazione
oggi sono le soste che mi danno la possibilità di dissetare il senso della mia
avventura, forse uno dei regali più belli di questo andare in solitudine per
montagne.
Divento parte di questa montagna come lei era
diventata parte di me tanti anni addietro a pochi mesi dalla nascita di mio
figlio ed ancora molto prima all’inizio di un amore consumato troppo in fretta.
Tengo vivo ogni volta il mio patrimonio di ricordi ed immagini, emozioni
credute sepolte per sempre riaffiorano con prepotenza dentro di me.
Afferro il mio coraggio tra sogni fatti di luce,
nebbia, neve e vento.
Gli ultimi passi e poi mi inghiotte il cielo. La
vetta un piccolo spazio sospeso, una celeste regione dello spirito. Nessun
pubblico, nessuno applauso. Solo il rumore del vento, quello che cercavo.
Sul punto più alto della montagna ripeto “l’eterno
riposo”, un paradiso di anime mi vaga accanto con le loro voci, i loro ricordi.
Le racchette dietro di me lasciano fragili tracce
mentre scivolo libero sul pendio orientale della montagna.
Un mare di nubi, poi alcuni bagliori di luce rendono
profondissimo un bosco dai tronchi incrostati di neve. Emozioni intense,
irripetibili, fremiti che sgorgano dal cuore della natura.
La solitudine in montagna è una forza che può
annientarti se si scatena in modo inaspettato, ma se cercata è qualcosa che può
aprirti nuovi orizzonti. Ogni volta mi permette di consolidare un legame profondo
con me stesso e con le persone che amo e che abitano dentro di me. Ogni volta
mi permettere di vivere la montagna come se ne facessi parte, ricercando quello
che di ancestrale abita in me, incantato a guardare le nuvole che mi sfilano
accanto.
Adesso le emozioni hanno un sempre.
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