A Piano di Novacco il
termometro segna -3 °C e sono già le nove di mattina. Costeggiamo la Fiumarella
di Rossale per alcuni tratti ghiacciata. L’aria è gelida e completamente
immobile. Camminare è l’unico modo di rispondere al freddo intenso che morde
ancora di più nei tratti all’ombra e non ancora riscaldati dai raggi del sole.
La pista, un tempo
sede di un tracciato ferroviario di piccoli trenini (del tipo “Decauville”) composte da piccole
locomotive a vapore per il trasporto dei tronchi di faggio, è un arrossato tappeto
di foglie.
Un po’ di tepore lo
troviamo poco prima di arrivare a Mare Piccolo, aiutati dall’esposizione del
versante già da qualche ora battuto dal sole. Tuttavia dove lo sfavillio del
sole non arriva la temperatura si mantiene ancora rigida.
Un tempo questi erano
luogo brulicanti di sudore e fatica per via del duro lavoro inerenti lo
sfruttamento delle risorse boschive. Si partiva molto presto la mattina tra la
domenica ed il lunedì e si faceva ritorno soltanto a fine settimana, ciò
comportava un ricovero per dormire ottenuto attraverso la costruzione di baracche
realizzate con tavole di faggio, terra e carta catramata.
Proseguiamo il nostro
cammino confortati dal calore del sole e dalla visione di Pietra Campanara
suggestivo torrione calcareo alto una trentina di metri che, dalle propaggini del
Monte Palanuda, domina la sottostante Valle del torrente Argentino in uno
scenario di assoluta bellezza e integrità.
Dal “belvedere di
Pietra Campanara” ci riscaldiamo al sole mangiando qualcosa, da questo piccolo spazio
“quasi sospeso” tutto è pace e noi non siamo che vibrazioni luminose nell’immensità
del tempo.
Al ritorno ci
infiliamo all’interno delle Serre di Novacco, superiamo uno strettissimo
vallone tra faggi altissimi ed un’atmosfera quasi primigenia. La nostra è una
fuga dalla vulnerabilità della condizione umana poiché le montagne
rappresentano il rifugio per continuare ad emozionarsi davanti alla bellezza e ritagliarsi
un piccolo spazio per sé lontano dalla meschina quotidianità.
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