Montagne…di amicizia
La fronte imperlata di sudore brucia. Fa caldo, la temperatura corporea aumenta e non c’è un alito di vento. Salgo.
Il gruppo, in fila, procede più o meno compatto. Qualcuno spedito, altri meno, qualcun altro arranca volenteroso di superare l’erta cresta. L’ultimo tratto si rivela abbastanza impegnativo ma con meno neve del previsto. Adesso il gruppo si allunga. Resto dietro accanto ad un amico. Osservo il fantastico panorama, luci ed ombre, colori diversi. Con lentezza mi lascio abbracciare ed accarezzare dalla montagna, lenti e con calma, risaliamo l’ultimo erto tratto di cresta che ripiega su “Cozzo Sorvolato”. Assaporo l’aria e poi ci sediamo con Alberto ad ammirare le rocce di Serra Dolcedorme. Pinnacoli svettanti ricolmi di neve risplendono di luce, strette gole si aprono a canaloni che ogni tanto scaricano detriti di pietre miste a neve. Pini loricati, dall’altra parte, ci osservano dalla Sella del Vascello, altri, vicinissimi, sembrano afferrarci con rami contorti, dita senili di esseri che hanno combattuto battaglie millenarie e cruente con le forze della natura. Tronchi come scudi carbonizzati, cicatrici nere come tagli di spade, cortecce squarciate dalla forza delle saette, sento il sibilo di lamenti, gemiti che provengono da un altro tempo e da un altro spazio. Così sento la mente intorpidirsi, torno fanciullo. Dalla campagna dei nonni, seguo i profili e le pieghe del versante meridionale della catena del Pollino. Leggero con lo sguardo risalgo le erte pendici e le scaglie di roccia che ripidissime accarezzano il cielo. Senza lasciare traccia, sfioro la roccia delle pareti e i tratti delle creste innevate di bianco. Poi con abilità seguo il crinale che mi conduce alla cima. Senza fatica, senza sforzo, chiudo gli occhi sfiorando la neve della vetta, prima di intraprendere la via del ritorno.
Oggi ho imparato a misurarmi su queste creste ardite, ho percorso le nervature delle “mie montagne”, con lo sforzo i miei piedi hanno calpestato le loro vette e, d’inverno, il bianco immacolato delle loro nevi. Tutti i momenti vissuti in montagna hanno lasciato il segno nel mio cuore, ma soprattutto mi hanno insegnato a percorrere con umiltà i mille sentieri dell'animo umano.
Mettersi in gioco, misurarsi con la montagna è anche un mezzo per scoprire sin dove le nostre forze psico-fisiche possono arrivare. Saggiare tutto quello che si ha dentro con la sola forza dei muscoli e della rapidità del sangue che raggiunge le parti vitali del corpo.
Mentre guardo il gruppo che ormai sfila sotto il traverso della Timpa del Pino di Michele, e lentamente si avvia a raggiungere la cima di Serra Dolcedorme, credo che ognuno di noi oggi stia percorrendo il proprio sentiero.
Guardo l’amico Alberto. Regna il silenzio. Sono felice. Questa pace profonda mi induce a pensare. Le montagne ricalcano l’amicizia, stanno attaccate alla terra e protese verso il cielo quasi come a cercare qualcuno, abbracciandolo, nell’immensità della volta celeste. Le montagne rappresentano un mezzo per trascendere ed elevarsi, rinsaldano i cuori, rendono le amicizie inossidabili per tutta la vita.
A sera, lungo il facile sentiero che ci conduce all’auto io e Salvatore ci attardiamo, rivivendo con i nostri discorsi alcuni momenti della giornata. Salvatore cerca le ultime luci del tramonto. Io mi volto verso Serra Dolcedorme. Le rocce di vetta si stagliano scure nel cielo come la testa di un grosso animale preistorico. Chissà se l’amore e l’amicizia durino per sempre. In questa vita, credo, non potranno mai morire, forse solo dividersi, per poi un giorno, chissà, crescere altrove.
Roccia. Amicizia e amore. Roccia che si frantuma, si spezza, si dissolve in sabbia e polvere non rinnegando la propria anima, quella che è riuscita a creare le montagne. La stessa anima che giorno dopo giorno, nella luce e nell'ombra, mi fa amare di più la vita.
Un grazie di cuore al Presidente Roberto Berardi e al caro amico "meccanico" Antonio Di Luca che alle 21:00 mi hanno aiutato a portare a casa la mia cara vecchia auto.
7 commenti:
Ciao Roby, leggere quello che scrivi mi riconcilia con la vita e mi amare di più il mondo, è come volare sulle parole dei tuoi racconti e vivere le stesse emozioni. Grazie per quello che esprimi e per quello che infondi agli altri. E' bello sapere che esistono persone come te e godere della loro amicizia.
Ciao a presto, Franky
ciao poeta...grazie del commento! be' definirmi una specie di mauro corona è decisamente un po' troppo! ma dato che per me Mauro Corona è un mito non può che farmi piacere il tuo complimento! ti ho messo tra i miei link.a presto...
l'indio (leucodermis)
Complimenti per la bella avventura affrontata come capogita di un bel gruppo.E' proprio vero,possiamo ripercorrere più volte gli stessi itinerari ma ogni volta provando emozioni diverse e vivendo stati d'animo cangianti.
Un abbraccio e alla prossima.
Ho sempre pensato che compiere un qualcosa di grande è fantastico ma ripeterlo è "superlativamente eccezionale".
Ci abbiamo creduto fin dall'inizio e per questo la montagna ci ha ripagato alla grande. La voglio pensare così e mi convinco sempre più che nella vita......esistono i giorni perfetti...esistono davvero i "giorni grandi".
Grazie a te Fratè!!!
P.S. che buon profumo c'èra mentre ci allontanavamo. Ah...un salutone al Gruppo Speleo, come sempre amici veri!
E' sempre un piacere leggere i tuoi racconti...le tue avventure.
Continua così.
Bellissimo questo accorato "respiro" di un montanaro che ama il suo territorio, con la fortuna di poter far parte di un'oasi stupenda come quella del Parco del Pollino. L'appartenenza è uno dei temi fondamentali sulla montagna, ci si sente legati a quel filo sottile che richiama l'uomo alla natura e la natura all'uomo. Senza i nostri passi, su questi luoghi ricchi di storia, la nostra vita perderebbe molto del suo fascino...e del pathos che la magia del Pollino ci regala. Salvo
Straordinario racconto, ho camminato sulle tue orme e sollevato la neve tra le mani assaporandone la sua freschezza.
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