22 gennaio 2017

Il falconiere del Pollino


Roberto è un giovane di questo territorio. Uno dei pochi che hanno deciso di rimanere, proprio per l’amore nei confronti di questa terra e per cercare di fare di una passione il proprio lavoro: la falconeria. Un’antica arte di caccia nata sugli altopiani delle steppe asiatiche circa 4000 anni fa.
Presso la Contrada Spirito Santo a pochi chilometri da Civita, timpe altissime accartocciate dalle ere geologiche si accendono di rosso tra le ultime luci del giorno mentre ulivi secolari si affacciano sulle gole del Raganello proprio dove il torrente esce dal buio del canyon per allargarsi a fiumara verso il Golfo di Sibari. 
In questo contesto naturale, l’Associazione di falconeria “I sette venti del Pollino”, di cui Roberto è il responsabile, ha creato un itinerario naturalistico con otto postazioni per rapaci con cui interagire durante il percorso. Oltre ad Abel, magnifico esemplare di aquila reale di sei mesi, è possibile osservare un gufo delle nevi, un barbagianni, delle poiane ed altri rapaci cui Roberto con passione e grande competenza ne illustra particolarità e caratteristiche, descrivendone i differenti habitat.
Sul posto, inoltre, vi è la possibilità di rilassarsi in un’area pic-nic e gustarsi i frutti da raccogliere, a seconda della stagione, direttamente dall’orto didattico che la famiglia di Roberto insieme alla moglie e al figlio Antonio curano con amore e passione. L’associazione gestisce anche una piccola azienda agricola con anatre e pavoni, maialetti ammansiti da accarezzare, tra cui il maiale nero di Calabria.  
Roberto mi parla dei suoi rapaci e del suo progetto. I suoi occhi si accendono di un sogno, quello di lavorare continuando a vivere nella propria terra. Annuisco, anche io so cosa significa questo tipo di scelta, le grandi difficoltà per portare avanti il proprio progetto che comprende lo stesso sogno del mio amico falconiere. 
Roberto accarezza la sua aquila e nei suoi occhi vedo i colori ed i profumi della nostra terra. Mi parla dell’addestramento che comincia quando i rapaci (nati in cattività, come vuole la legge) hanno poco più di un mese di vita. Un lavoro paziente e continuo che serve a stabilire un rapporto di fiducia tra il volatile ed il padrone, una complicità che il rapace non tradirà mai se si sentirà protetto e sicuro.
Roberto ha inserito all’aquila un buffo elmetto, serve per tenerla tranquilla, adesso anch’io posso accarezzarla. Poi il  momento magico di sostenerla sul mio braccio, una sorta di emozione antica si mescola al mio pugno con la fierezza, la maestosità e la forza fisica del rapace. Ho l’impressione che anche solo il mio respiro possa disturbare questo ancestrale rapporto tra l’uomo e la natura, ma Roberto mi facilita le cose dandomi qualche prezioso consiglio. 
Questo è un luogo dove poter vedere in volo e da vicino il mondo dei rapaci, per far capire, specie alla giovani generazioni, la tutela e la protezione di questi uccelli in natura. La falconeria resta un’antica attività dal grande valore storico e culturale. Ecco perché dal 2010 è stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio mondiale immateriale dell’umanità. Un’arte che non può essere praticata da tutti perché necessita di dedizione, sacrifici, amore e rispetto verso questi splendidi animali. 
Quando ci congediamo il mio sguardo si perde nella vastità della vallata sottostante e nel silenzio che mi avvolge quasi a volermi portare, come in un viaggio nel tempo, in un’altra epoca e in un’altra atmosfera.
Questa è la mia terra, un luogo ancora da scoprire, dove il turismo lentamente stenta a decollare, perché i percorsi e le cose non sono segnate sulle mappe o sulle guide. Bisogna viverla la mia terra, respirandone l’aria, mescolandosi alla sensibilità e alla personalità di ogni suo abitante. Solo allora la mia terra diventa esperienza che si svela. Voci, suoni, emozioni e valori.

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